giovedì 24 febbraio 2011

11 Storia dell'uomo indolente che cerca la verità.

11 Storia dell'uomo indolente che cerca la verità.

Se ne andava un giorno un uomo indolente che quasi tutto il suo paese aveva girato, cercando in ogni dove un maestro, un saggio che lo potesse istruir sulla verità, ma che invero non aveva ancor trovato.
Il primo suo maestro lo istruì sul bene e tutto gli disse di ciò che era bene e giusto fare per diventare una vera, rara, santità.
Il giovane iniziò così a professare il bene, azzittì il suo cuore in quel credo, e s'accontentò di vivere di radici dietro a quel vecchio, ostinato nella propria bontà.
Ma venne un tempo in cui, con grande tumulto, passarono su quelle terre i soldati del re e ivi portarono morte e distruzione e trascinando dietro a sé vari schiavi, lasciarono per le vie morti e malati, e per le campagne bimbi spersi e piangenti, e vecchi inoperosi senza speme.
Incontrò sul far del giorno il nostro giovane un vecchio con un bimbo ancor di latte in braccio e, vedutolo, quel vecchio fece appena in tempo a consegnargli quel prezioso fardello, prima di spirare.
Tornato alla capanna, il   maestro lo vide e gli chiese:
"Chi è quel bimbo che ti porti in braccio?"
"Un bimbo che cerca ancora le mammelle di sua madre, mi ha consegnato prima di morire un vecchio, stamattina sul limitar del bosco. Che devo fare?"
"Da te ti sei cacciato in questo guaio, da te risolvilo, ché io non so davvero cosa sia bene o male in questo caso, solo segui il cuore."
"Se seguo il mio cuore, o buon maestro, vado in città e porto il bimbo ad una nutrice."
"E dunque sia" rispose il maestro.
Ma giunto in città, fu difficile trovare una casa che ancora fosse in piedi, non arsa dal fuoco, e pochissimi ormai erano gli abitanti.
Il bimbo ormai piangeva senza sosta e il giovane si decise di cercare una mucca o una capra per un po' di latte, ma mentre prendeva una capra che passava, si imbattè nell'esercito nemico che prese lui, la capra e il piccino.
Il nostro giovane fu così condotto prigioniero di accampamento in accampamento, dietro a quei soldati che mai seppe amare.
Fu così che un giorno, approfittando di una grossolana distrazione del suo carceriere, il giovane fuggì nella foresta e si mise subito in cammino per ritrovare il vecchio maestro. Ma giunto che fu, dopo lunghe settimane al capanno, trovò il maestro morto.
Il giovane pianse amaramente la propria sorte pensando di non aver avuto fortuna con quel maestro, perché, pensava, se colui fosse stato veramente un saggio, certo avrebbe dovuto impedirgli di andare in città, poiché un maestro deve essere a conoscenza che il cuore del discepolo brama molto più conoscere la verità, piuttosto che rispondere a certe necessità che la vita astutamente pone.
Andò così che si cercò un nuovo maestro.
Il secondo maestro era un oscuro che gli insegnò tutto ciò che è male, e fin nei più nascosti meandri dell'umano ingegno a far del male, portò il cuore del suo allievo, tanto che questi ne fu così terrorizzato che pensò fosse meglio non far altro che pregare e meditare tutto il dì, per evitare le assidue strettoie che la tentazione accampa.
Ma avvenne che un giorno che era caldo e che in riva al fiume il nostro giovane si era disteso, i piedi un po' nell'acqua e il capo all'ombra, vedesse una ragazza andar per acqua e, per sortilegio cui non poté che arrendersi, s'innamorasse di lei.
Seguirono le dolcezze dell'amore, ma ahimè, anche i tormenti dei litigi, e quell'uomo pensò di ripartire per cercare un nuovo maestro, ché davvero in questo non aveva avuto fortuna!
Lo troviamo a questo punto, nella sua indolenza, a ripercorrere le strade del paese per cercare questo saggio che lo aiuti a trovare il Divino e la Sua Pace.
Mentre cammina con il capo chino, batte il piede in un sasso e si ferisce.
Stanco e addolorato si siede su di un masso e cerca con gli occhi il fiume dov'è, per avere dall'acqua un po' di frescura e di ristoro.
Mentre con gli occhi scruta intorno a sé, ecco che compare un vecchio affaticato e stanco.
Il vecchio si siede sul masso accanto all'uomo, e dopo poco gli dice:
"Ti aspettavo proprio oggi qui, il cuore me lo aveva detto!"
"Sei forse tu - chiese l'uomo - il maestro che io cerco?"
"Sì, credo proprio di sì, anzi ti assicuro!"
Bene - disse l'uomo - e che hai da insegnarmi?"
"Nulla - disse il vecchio con un sorriso dolce sulle labbra - se non che un fiume non si cerca a vista, ma si porge l'orecchio per sentirne il flusso!"
Commento: Colui che non sente nel proprio cuore scorrere il fiume della verità e della divina Pace, è colui che crede, nella sua malizia di conoscere già il rumore che fa l'acqua, cosicché a colui che si aspetta il rumore di una fragorosa cascata, ecco che è un rigagnolo appena appena largo come una mano che canta la lode del Divino, e a colui che si aspetta un fiume, largo e quieto nel suo scorrere in pianura, ecco che è un saltellante torrente di montagna a far le veci della voce dell'Altissimo Signore!
Perché, chi ascolta con le orecchie si accontenta di ascoltare il canto che forgiarono i suoi vecchi, credendo nel modificarlo di esser nuovo, ma chi ascolta con il cuore, il cuore, non può riferire ciò che ascolta perché, su questa terra, non esiston parole!

lunedì 7 febbraio 2011

10 Storia sul senso di colpa

Si racconta la storia di un monaco che andava tutti i giorni a confessare al priore le proprie mancanze, accusandosene con un ostentato spirito di colpevolezza, e attendendo da quel superiore dure penitenze o aspre parole di rimprovero.
Ogni volta il priore rispondeva: "Non puoi aver rimorso per le formiche che pesti camminando."
Il discepolo trasaliva sempre a queste parole come se il suo vecchio maestro stesse dicendo un'eresia.
E fu così che un giorno prese coraggio e gli disse: "Certo io non mi sento in colpa per le formiche che pesto, camminando, perché non le vedo, ma quando io agisco, ragiono e scelgo e, dunque so! La cosa non vi pare un po' diversa?"
"Questo è il tuo guaio." Rispose il priore.
"Quale?" Chiese l'allievo.
"Che tu ancora creda di vedere e di sapere!" rispose il maestro.
"Allora - chiese l'allievo - volete forse insinuare che il senso di colpa non ha ragione d'essere?"
"No - disse il priore - io non lo insinuo, ma lo asserisco!"
E dopo un lungo silenzio il vecchio priore spiegò: "Quando un cieco ha riavuto la vista, sta forse a sentirsi in colpa per tutti i fossi in cui, da cieco era caduto, oppure, col cuore pieno di gratitudine, meraviglia e stupore, va spedito, senza più dover stare attento a non cadere, poiché vedendo, questo gli sarà solo naturale? Che posto può avere, in un cuore del genere il senso di colpa? Se, senso di colpa c'è, è solo nella stolta malizia di colui che, ancora cieco, si ripropone ad ogni passo di non cadere più, ma non con l'intenzione di vederci chiaro, per fare ciò, bensì soltanto per evitare gli acciacchi che la caduta stessa gli arreca!"
Commento: La colpa è un giudizio morale e il senso dell'errore è il lucido guardare di colui che vede!
Ciò che dovete impegnarvi a fare è essere attenti a vedere, non vivere in un buco stretto e pauroso di colpe e di timori, di sacri strali, perché se uno strale si conficca nella carne, certo non è Dio a mandarlo, ma è la freccia che l'arco del giudizio, teso dalla scaltra mente, ha lasciato andare.