martedì 27 marzo 2012

16 Storia della razza e del mare

Un giorno un pesce se ne andava nuotando tranquillo per il mare, quando incontrò una tartaruga gigante che con un gran colpo lo buttò contro la roccia, facendogli un gran male.
Pensò quel pesce di aver subito un danno, e allora andò dal dio del mare a raccontargli l'accaduto.
Il dio del mare non poteva essere visto perché era dio, ma tutti sapevano chi era e dove viveva.
Si diceva nel più antico annale della marina storia, che quel dio era un pesce, buono e solenne, perfetto nel suo essere e che viveva in una grotta senza mai uscire, e tutti si recavano all'imboccatura maliziosa e angusta di quella caverna, e lì dicevano i loro guai e chiedevano consigli.
Da questo pesce dio si diceva avesse avuto inizio il mondo marino; egli lo aveva creato!
Così il nostro pesce si recò là e disse la sua pena.
E il dio rispose:
"Tu devi perdonare, ciò ti procurerà una gioia ineffabile e, morto che sarai, ti sarà riservato un posto in questa grotta, qui accanto a me, tra stelle marine e conchiglie profumate e iridescenti, tra banchi di coralli e preziose perle!
Il pesce se ne andò via tutto tranquillo.
Giunse di lì a poco davanti alla fessura anche la tartaruga che voleva confessare la sua colpa, e la voce rispose:
"Pentiti, per questo tuo pentimento, la tua umiltà, giacché sei un animale così glorioso e grosso, sarà rinvigorita e tu non potrai che trarne vantaggio."
Così andavano le cose in quel mare, quando un giorno arrivò una magnifica razza che, con il suo ondeggiante dondolio, attirò l'attenzione di tutti. Pareva un magnifico esemplare in perfetta gioia e continuamente si sentivano per l'acqua le dolci melodie sommessamente create dai suoi regali movimenti, e la sua grazia nell'incedere tra spazi aperti e tenebrose grotte, era avvincente, così come i suoi occhi parevano smeraldi ammansiti senza nessuna ombra, né troppo fulgore.
Questo pesce, cominciarono a dirsi tutti, ha un segreto.
Fu così che il nostro pesciolino si interessò alla razza, domandandole il perché di tanta grazia, e quella semplicemente rispose:
"Perché so chi sono."
"Che cosa vuol dire?" Chiese il pesciolino.
"Se non comprendi, non serve che io ti spieghi." rispose la razza.
"Capisco - disse sprezzante il pesciolino - forse tu hai un rapporto di favore con il nostro dio."
"Dio? - chiese la razza - Quale dio?"
"Non conosci dio? E come fai a dire che sai chi sei se non sai neppure chi è il nostro dio, e di come egli ci abbia creato, sporgendoci fuori dalla sua mansueta bocca di pesce in bolle colorate, uno ad uno, dallo squalo al piccolo gambero, dalla conchiglia più ricca al corallo più prezioso?"
"Ah! - disse la razza - e l'acqua che qui c'è, e in cui noi nuotiamo, l'ha fatta pure lui?"
"Questo non sta scritto ... sicuramente è un mistero! Noi non possiamo capire - disse il pesciolino - ma sicuramente ogni cosa viene da lui."
"Ma se hai detto che è un pesce - osservò la razza - come faceva ad esistere da pesce prima dell'acqua?"
"Tu mi vuoi confondere! Egli è un pesce ma ... perfetto, non come noi, ha le branchie ma può non usarle!"
"Capisco - continuò la razza - arrivando invece io da un mulinello, avevo creduto un giorno d'essere nata per forza dalle onde e dal moto del mare, ma quando seppi da mia madre che semplicemente in quel mulinello d'acqua essa mi aveva partorito, cominciai a chiedermi da cosa tutto ciò che mi circonda e io stessa avessimo preso vita."
"E lo hai scoperto?"
"Sì, è il mare che non partorisce figli come una dea in calore, ma gioca di sua lena il gioco più convincente che un pesce possa giocare! Cosicché ogni pesce si prende per un pesce, elegge un pesce dio e continua, in quest'acqua dorata e sempre nuova, a pensare di nuotare e che l'acqua serva solo a quello!"
"E di grazia - chiese il pesciolino - a cosa può servire quest'acqua in cui siamo immersi?"
"A ben vedere in essa tu non sei immerso, ma di essa ti componi ed essa in te si esplicita qual che tu sei!
Perché - proseguì la razza - ho scoperto d'essere il mare, questa acqua dolce, immensa e perenne, e di sua stessa fonte alimentata, che gioca ad essere una razza, in un gioco cordiale e completo, così avvincente e sereno, che per poco non ci cascavo e non credevo così, che di essere una razza in una razza!"