venerdì 24 agosto 2012

20 Storia del discepolo che chiede cosa sia la necessità


Un giorno un discepolo chiese al suo maestro: "Che cosa è, maestro, questa necessità che a sentir voi la vita propone e a cui essa stessa senza inganno né illusione risponde, e voi non siete nella scelta e nel giudizio?
Dovreste proprio farmi capire perché se le vostre parole, è vero mi rapiscono il cuore, io poi non so districarmi tra le tante offerte della vita che tutte mi paiono a volte necessarie e tutte a volte sciocche e vane!"
"Hai mai visto cosa fa il sole che all'alba si alza sereno e illumina il mondo e quando il giorno, stanco, cade, esso s'appresta a cadere giù dietro le nubi e le tempeste e le bonacce che il cielo nasconde? Questa è necessità!" disse il maestro.
"Voi non potete rispondermi così, maestro, ché io ho bisogno di un consiglio pratico e di capire e di essere guidato a riconoscere qual è, ve lo ripeto, e che cosa è in ogni momento la necessità, quella che dite voi si fa da sé priorità e non vi caccia in inutili tenzoni e in subbugli di cuore, nel ripensare a ciò che avete fatto e scelto." Disse il discepolo.
"Mi sembri un gatto - continuò il maestro - che prima ancora di avere artigli aguzzi voglia pescare il pesce nel torrente."
"Perché - chiese il discepolo - il gatto non nasce con gli artigli aguzzi?"
"Sì - disse il maestro - un gatto nasce con gli artigli aguzzi ma di sua necessità dovrà imparare ad adoperarli poiché, se con essi afferra lentamente e senza affondo il pesce che salta nel torrente ecco, non mangerà mai, ma se affonda nei propri compagni o nella prole i propri artigli quando gioca, ecco dovrà fare le spese della rissa che ne nascerà."
"Dunque volete dire che bisogna provare a vivere per capire? E' questo che intendete?"
"No, non proprio - continuò il maestro - perché vedi, ho detto che di per sé il gatto ha artigli aguzzi e certo vivendo saprà adoprarli, ma non come pensi tu, per un macchinoso calcolo del suo cervello, o per una sorta di lunga tenzone fra sé e la sua forza e la sua intenzione, o per un allenamento a mutare i colpi dei propri artigli in modo consono ai suoi desideri!! No, non è proprio così."
"Ma allora volete dire che vi è un istinto!"
"Ecco - disse il maestro - ma non è ancora così. E' come un antico canto che ognuno in cuore ha e sa benissimo svelare e riconoscere ma non comunicare agli altri, poiché ognuno ha il suo.
Questo canto, quando lo si lascia sgorgare e nascere, ecco detta di per sé come una melodia di fondo le note che devono apparire."
"Ma non è la vita che fa apparire, piuttosto, le note e noi ci arrabattiamo a scegliere la migliore?" chiese il discepolo.
"Ecco finalmente tu lo hai detto!
La tua ignoranza è davvero abissale se ancora pensi che tu scegli e che ci siano note migliori! - disse il maestro e continuò - Un giorno un topo si recò prima del previsto fuori della sua tana e vide da lontano un gatto maestoso e grosso che sembrava aspettare proprio lui e lì vicino, appresso al gatto, un bel pezzo di formaggio. Lo stomaco del topo era distrutto per la gran fame tanto che non vedeva neanche più da quella gran necessità che si portava in petto.
Ora se capisci che cosa è necessità, saprai rispondermi se il topo vuole morire o vuole sfamarsi."
Giorni e giorni pensò ad una risposta il discepolo e mai arrivava ad una risposta che lo illuminasse, che gli prendesse il cuore, così finalmente si decise ad andare dal maestro.
Là giunto disse: "Io sono come quel topo e questa mattina non voglio seguire il solito rituale per parlarti perché in me più forte è la necessità di parlare che di far silenzio e di sedermi qui accanto a te."
"Ah! Capisco - disse il maestro - allora il topo è morto?!"
"Davvero ignorante anche tu sei, o gran maestro, ché in ogni caso il topo sarebbe morto, che se tornava indietro moriva di fame e se andava a prendersi il formaggio, sarebbe morto ucciso dal gatto!" disse il discepolo.
"Oh! - disse il maestro soddisfatto - E hai concluso qual'è l'unica necessità che ha il topo?
Ed essa non è forse la stessa che ha il sole?"