C'era una volta una vacca che
viveva nel suo recinto da quando era nata.
Tutt'intorno profumava di erba di
prato e di foreste ombrose.
Le sue mammelle cariche di latte
avevano cibo per il suo piccolo e anche per le avide mani del padrone
che lo portava via a secchi.
Si spostava tra i prati e i campi
appena un po' lontani dove il padrone aveva raccolti di grano dorati
e di erbe profumate che, raccolte ed essiccate, attutivano la sua
fame nelle stagioni grevi, quando il tempo non permetteva all'erba di
crescere e a lei di uscire dalla stalla insieme alle sue compagne.
Passò di lì un giorno una vacca
pezzata, che così da quelle parti non si era mai vista.
Si fermò un poco alla staccionata
e disse alla nostra vacca bruna: "Salve, cos'è che fai qui e
come vivi?"
"In verità io una domanda
simile non l'ho mai sentita. Da sempre che io ricordi vivo qui e
aiuto nei campi il mio padrone e allevo la mia prole che generosa mi
ripaga con grande gioia."
"Capisco - disse la pezzata -
e non hai mai pensato che ci potrebbe essere di più oltre le
barriere di questi steccati e oltre questi campi che calpesti da
mattina a sera?"
"No - disse la bruna - non ho
mai pensato a nulla di simile."
"Dovresti sapere allora che
c'è di più e capire che non sei solo una vacca, ma in te c'è Dio"
"Ah - disse la vacca bruna -
e Dio che cos'è?"
"É il respiro che alita il
tuo grosso corpo e che insuffla d'aria i tuoi polmoni, è la luce che
ti passa gli occhi e che ti dà la vista, è il tutto che in te vive,
respira, è."
"Non ho mai sentito nulla di
simile" disse la vacca bruna.
"Sempre hai vissuto qua e mai
ti sei chiesta da dove provieni e se è giusto che quell'iniquo
contadino ti sfrutti portandoti poi al macello quando meno gli
convieni e forse avendo già portato, per il pregio delle sue tenere
carni, qualche tuo figlio prima di te."
"É vero, so che queste cose
vanno così, ma vedi io ho sempre pensato che mi andava bene fare la
vacca."
"Come puoi dire questo? -
chiese la pezzata - ti sei mai chiesta se non c'è di più e se tu
non sei di più?"
"No. Forse nelle lunghe notti
invernali ho pensato al susseguirsi felice e inarrestabile dei miei
giorni ma devo dire che mai ho avvertito alcunché di tanto doloroso,
solo un piacere immenso ad esser quel che sono e a mangiar quest'erba
profumata e fresca e lasciar gonfiar di latte le mie mammelle.
Certo quando mi strappano un
figlio soffro, ma questo, io penso, faccia parte della vita."
La pezzata non aprì bocca e se ne
andò fra lo sconcertato e lo scandalizzato, e pensò tra sé:
"Poverina, pura carne da macello sei e nell'ignoranza oscura
della vita vuoi restare. Questo ti meriti e su di te ricada."
La vacca bruna da quel giorno non
fu più la stessa e cominciò a pensare a Dio e al respiro, al
soffio, e a cosa poteva esserci di più che lei non avvertiva e non
sentiva.
E la paura e lo sconforto
cominciarono ad essere grandi.
Il padrone le chiedeva: "Cosa
c'è che non va mia brava Mora?"
E gli occhi tristi e persi della
vacca rispondevano: "Non lo so ma io sono disperata."
Si racconta che la pezzata diventò
sacerdote di una qualche religione delle tante che sussistono al
mondo e che senza tregua migliorano la condizione della fantasia,
perché nessuno risponda mai al perché di sé e della vita.
La vacca bruna morì di stenti per
il gran dolore perché, colpita dalle parole della pezzata, cercò da
quel giorno ininterrottamente di trovare Dio e la sua luce e non
avendolo trovato si lasciò morire di dolore perché disse: "Com'è
che io non sento questo Dio?"
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