martedì 22 ottobre 2013

31 Storia della vacca che vuol essere migliore.


C'era una volta una vacca che viveva nel suo recinto da quando era nata.
Tutt'intorno profumava di erba di prato e di foreste ombrose.
Le sue mammelle cariche di latte avevano cibo per il suo piccolo e anche per le avide mani del padrone che lo portava via a secchi.
Si spostava tra i prati e i campi appena un po' lontani dove il padrone aveva raccolti di grano dorati e di erbe profumate che, raccolte ed essiccate, attutivano la sua fame nelle stagioni grevi, quando il tempo non permetteva all'erba di crescere e a lei di uscire dalla stalla insieme alle sue compagne.
Passò di lì un giorno una vacca pezzata, che così da quelle parti non si era mai vista.
Si fermò un poco alla staccionata e disse alla nostra vacca bruna: "Salve, cos'è che fai qui e come vivi?"
"In verità io una domanda simile non l'ho mai sentita. Da sempre che io ricordi vivo qui e aiuto nei campi il mio padrone e allevo la mia prole che generosa mi ripaga con grande gioia."
"Capisco - disse la pezzata - e non hai mai pensato che ci potrebbe essere di più oltre le barriere di questi steccati e oltre questi campi che calpesti da mattina a sera?"
"No - disse la bruna - non ho mai pensato a nulla di simile."
"Dovresti sapere allora che c'è di più e capire che non sei solo una vacca, ma in te c'è Dio"
"Ah - disse la vacca bruna - e Dio che cos'è?"
"É il respiro che alita il tuo grosso corpo e che insuffla d'aria i tuoi polmoni, è la luce che ti passa gli occhi e che ti dà la vista, è il tutto che in te vive, respira, è."
"Non ho mai sentito nulla di simile" disse la vacca bruna.
"Sempre hai vissuto qua e mai ti sei chiesta da dove provieni e se è giusto che quell'iniquo contadino ti sfrutti portandoti poi al macello quando meno gli convieni e forse avendo già portato, per il pregio delle sue tenere carni, qualche tuo figlio prima di te."
"É vero, so che queste cose vanno così, ma vedi io ho sempre pensato che mi andava bene fare la vacca."
"Come puoi dire questo? - chiese la pezzata - ti sei mai chiesta se non c'è di più e se tu non sei di più?"
"No. Forse nelle lunghe notti invernali ho pensato al susseguirsi felice e inarrestabile dei miei giorni ma devo dire che mai ho avvertito alcunché di tanto doloroso, solo un piacere immenso ad esser quel che sono e a mangiar quest'erba profumata e fresca e lasciar gonfiar di latte le mie mammelle.
Certo quando mi strappano un figlio soffro, ma questo, io penso, faccia parte della vita."
La pezzata non aprì bocca e se ne andò fra lo sconcertato e lo scandalizzato, e pensò tra sé: "Poverina, pura carne da macello sei e nell'ignoranza oscura della vita vuoi restare. Questo ti meriti e su di te ricada."
La vacca bruna da quel giorno non fu più la stessa e cominciò a pensare a Dio e al respiro, al soffio, e a cosa poteva esserci di più che lei non avvertiva e non sentiva.
E la paura e lo sconforto cominciarono ad essere grandi.
Il padrone le chiedeva: "Cosa c'è che non va mia brava Mora?"
E gli occhi tristi e persi della vacca rispondevano: "Non lo so ma io sono disperata."
Si racconta che la pezzata diventò sacerdote di una qualche religione delle tante che sussistono al mondo e che senza tregua migliorano la condizione della fantasia, perché nessuno risponda mai al perché di sé e della vita.
La vacca bruna morì di stenti per il gran dolore perché, colpita dalle parole della pezzata, cercò da quel giorno ininterrottamente di trovare Dio e la sua luce e non avendolo trovato si lasciò morire di dolore perché disse: "Com'è che io non sento questo Dio?"

Nessun commento:

Posta un commento