martedì 30 novembre 2010

4 Storia del re con gli uccelli rapaci.

C'era una volta un re che aveva due fratelli. Entrambi erano assai abili con le armi e col potere, entrambi protetti e amati dal re.
Ma sorse un tempo in cui, per i meriti dell'uno e dell'altro, cominciarono dispute e insidie, e lo stesso re fu accecato dalla preferenza per uno dei suoi fratelli.
Le cose non andavano più bene come prima, e non solo a palazzo, ma per tutta l'intera regione si sentiva l'eco di questa discordia profonda che minava la stabilità e la sicurezza dell'intero paese.
Giunse un giorno a palazzo uno strano uomo ritenuto un guaritore, effettivamente non amato dal popolo né tanto meno dal re che ne aveva sentito parlare come di una persona poco affidabile, dalle strane pratiche e che era persino accusato di scorrerie con alcuni suoi bravacci nelle terre più ostili al re. Quest'uomo era assai rozzo alla vista, vestiva in modo pulito ma assai logoro e povero e portava con sé un sacco in cui, si diceva, tenesse tutti i suoi intrugli e le sue erbe con cui guariva, ma guariva solo alcuni non tutte le persone che lo avvicinavano.
Era così addolorato il re che di nascosto dallo stesso cappellano e dal primo ministro, fece chiamare il guaritore poiché pensava: "Solo lui a questo mondo, forse, può fare qualcosa per me e per i miei fratelli".
Arrivato l'uomo alla presenza del re questi gli espose il caso ma in così tanti e tali e minuziosi particolari che non si capiva più se il re voleva un consiglio per guarire o se preferiva con quel modo di raccontare ciò che i suoi fratelli gli facevano soffrire, una qualche punizione per questi e un rafforzamento per sé. Si accorse semplicemente di questo il re mentre ormai da alcune ore stava ancora parlando, che gli occhi del guaritore non avevano cessato di guardarlo e avevano assunto fin dal primo momento un'aria dolce e triste insieme senza opposizione e, pareva al re, anche senza il minimo interesse a giudicare qualcosa che venisse detto. Così si accorse il re che non poteva che ad un certo punto tacere, poiché gli sembrava di aver interamente vuotato il cuore e che le parole a fiumi pronunciate stipassero interamente la stanza come se aleggiassero tutte intorno quasi togliendo il respiro al re, ma avendo lasciato un grande vuoto di luce intorno al guaritore.
"Che cosa ti ha interrotto - chiese il guaritore al re - che cosa?"
"Ma io non saprei dire, ma mi pare che tutte le parole che ho espresso siano uscite come uccelli rapaci dal mio cuore e abbiano cominciato a volteggiare qui intorno, togliendo l'aria e il respiro e lasciando una strana oppressione al mio cuore".
"Ah! - disse l'uomo - così hai compreso che dentro al tuo cuore c'erano uccelli rapaci".
"Sì, ma cosa vuol dire questo?"
"L'uccello rapace è colui che tutto ghermisce con la forza e la violenza".
"Va bene, questo me lo ero immaginato, ma cosa centra questo con me e con i miei fratelli?"
"Il problema che tu hai invero non lo hai con i tuoi fratelli ma con ciò che essi rappresentano di te e che tu non approvi e vuoi combattere, per questo come aggredisci loro fuori, ogni volta che lo fai, l'uccello rapace del tuo cuore aguzza i suoi artigli e fa sanguinare il cuore".
"Io continuo a non capire cosa vuoi dire e chi sono gli uccelli rapaci e cosa voglio io da te e perché infine ti ho chiamato non capisco più".
"Meno male, un vuoto, uno spazio cui io posso appigliarmi, cui la vita può aggrapparsi per farsi sentire e riprendere a dominare il tuo cuore.
Un vuoto, una domanda, un dubbio senza risposta. Lascia che questo spazio si dilati e si espanda fino a coprire tutto il tuo cuore, lascia che ora che le domande frammiste alle intenzioni che sono uscite, lascino in pace il tuo cuore e su di esso si cali il dubbio, il punto interrogativo senza risposta alcuna e capirai".
"E tu credi d'essere un guaritore - riprese il re - certamente io non sono colui che lo può dimostrare".
"Ti sbagli di grosso poiché non sono io che guarisco, e se di me si dice questo cadono tutti in errore, che guarisce solo colui che colpito dalla nullità delle proprie presunzioni e delle proprie aspettative, di colpo si ferma e, sperso in un deserto doloroso, non trova più appigli, né perché, né per come, né tantomeno risposte antiche o nuove e comincia a riposare in questo dolce e greve silenzio. Tu prova, passerò di qui tra pochi giorni e solo vedendo il tuo sguardo capirò."
Si infuriò il re a quelle parole congedò il guaritore tornando con nuova risolutezza alle sue faccende. Ma tutto ciò cui voleva dare inizio non gli pareva più avesse un senso e si sentiva semplicemente come un sasso sul fondo del mare in balia d'ogni cosa e d'ogni astuzia della vita.
Questo lo faceva soffrire molto e maledisse l'incontro con il guaritore.
Ma passati pochi giorni un mattino si svegliò il re con strani occhi buoni e dolci e disse "non so più chi sono".

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